SUPERFLUO

01-05/GIUGNO

"Alphonse Club" - Via Malenchini 35

Mostra d’arte

Daniele Stefanini

SUPERFLUO 

I brandelli della società del consumo 

Strappare manifesti dai muri è la sola compensazione, l’unico modo di protestare contro una società che ha perduto il gusto del cambiamento e delle trasformazioni favolose. L’arte è pace e profezia. Dopo la morte c’è rinascita. 

M.Rotella 

La Pandemia ha cambiato la nostra scala dei bisogni e ci ha reso più semplice capire il significato dell’aggettivo superfluo: eccessivo rispetto al bisogno, non necessario. Viviamo da decenni in una società del consumo che non produce merce bensì bisogni e desideri spesso trascurabili. La società consumistica induce l’individuo a desiderare beni e servizi nella convinzione che siano la risposta ai suoi bisogni, e glielo comunica attraverso la pubblicità.

Nel 1962 Luciano Bianciardi ne La vita agra scriveva: “neanche i bisogni sono genuini: pensa la pubblicità a fabbricarli, giorno per giorno. Tu vorrai il frigorifero, dice la pubblicità, tu la macchina nuova, tu addirittura una faccia nuova. E loro vogliono quel che il padrone impone, e credono che sia questa la vita moderna, la felicità. Sgobbano, corrono come allucinati dalla mattina alla sera per comprarsi quello che credono di desiderare; in realtà quel che al padrone piace che si desideri”.

Oggi la Pandemia ci ha imposto di fermarci. Si è fermata anche parte della produzione e di conseguenza la comunicazione commerciale, almeno quella non digitale: i manifesti. Lo stato di questi manifesti pubblicitari sugli spazi di pubblica affissione – strappati, corrosi, vuoti – sembra parafrasare, attraverso il passare del tempo “non consumato” e non consumabile, perché costretti a restrizioni, l’etimologia della parola superfluo. Quello che eccede rispetto ai bisogni primari non è indispensabile, resta in superficie. 

I brandelli dei manifesti che ho fotografato sono quindi la parafrasi di uno modello di sviluppo di una società che ha fatto a pezzi sé stessa: il Covid-19 è solo uno degli effetti di questo sistema di produzione.

Daniele Stefanini nasce a Livorno nel 1984. Dopo gli studi in Comunicazione Politica all’Università di Pisa inizia ad avvicinarsi alla fotografia da autodidatta nel 2008 in una fanzine locale indipendente. Nel 2010 si trasferisce a Roma dove lavora con l’agenzia fotogiornalistica Imagoeconomica seguendo politica, economia e Stato del Vaticano. Nel 2012 è tra i fondatori del collettivo OneShot Image, con il quale esporrà nel 2017 al Festival di Internazionale a Ferrara “alvoto_alvoto”: un reportage sulla politica italiana lungo 5 anni. Le sue foto sono state pubblicate su: L’Espresso, La Stampa, Internazionale, Corriere della Sera, Sette, La Repubblica, Vanity Fair, IL Fatto Quotidiano, Left. Nel 2015 è tra i fondatori del collettivo di street art Miranda Poject con il quale curerà la campagna di comunicazione del Teatro Goldoni delle stagioni 2016/17 – 2018/19 . Nel 2017 si trasferisce in Nicaragua dove segue le rivolte contro il regime di Ortega. Li resta tre anni e cura la comunicazione e la coordinazione del progetto di Cooperazione sanitaria dell’ASL Nord Ovest Toscana sulla Nefropatia Mesoamericana, producendo un minidoc dal titolo MINA. Nel 2020 si classifica secondo, con il lavoro “Sporca Estate”, un progetto fotografico seriale sul Porto di Livorno ispirato a Piero Ciampi, al concorso fotografico “Torneremo a Viaggiare” della Fondazione Laviosa la quale giuria era presieduta da Letizia Battaglia. Attualmente lavora per il periodico Il Tirreno.

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